lunedì 25 luglio 2011

I vantaggi del Percorso...

“Si può portare il bue assetato al fiume, ma, se non sarà lui a bere, morirà.”  

Detto Zen.                                                                                     

 “Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone”

John Steinbeck.



Nel suo saggio ‘Technopoly” del 1992, Neil Postman mette chiaramente in evidenza il concetto di ‘Ecologia dei media’. In tutto il suo scritto egli illustra, ponendoli in luce con vari esempi, alcuni dei risvolti e degli effetti - negativi e positivi - che le nuove tecnologie possono avere sulla società, sulle categorie, sui gruppi di persone e sulle singole menti umane. Il suo fine è quello di mettere in guardia il lettore portandolo a chiedersi le conseguenze dell’introduzione e del massivo utilizzo dei nuovi media nella propria vita, nel proprio modo di pensare e di agire. Si può dire che l’esimio ex-professore della New York University ha raggiunto pienamente il suo scopo.

Sarebbe infatti impossibile, a quasi venti anni di distanza, non riuscire a scorgere nelle elegantissime riflessioni ‘tecnopolistiche’ una bozza, una visione forse sfocata, ma fedele, della situazione attuale. Chi può negare come l’avvento della televisione abbia cambiato le carte in tavola in tutto il panorama della fruizione di contenuti editoriali, siano essi spettacoli, notizie, eventi in diretta o programmi pre-registrati? Gli effetti di questa massiccia intrusione e diffusione del medium televisivo cominciano a denotarsi facilmente da pochi anni a questa parte e sono destinati a risultare sempre più evidenti. Si pensi solo agli adeguamenti operati dagli editori della carta stampata per stare ‘al passo coi tempi’ e tentare di competere con i media più moderni: grafiche accattivanti, copertine e prime pagine sempre più dinamiche, titoli e paragrafi posti in risalto o accoppiati a fotografie con colori ad effetto. Solo negli ultimi quindici anni, i cambi di layout di quotidiani e libri non si contano, tanto da far apparire incunaboli, ad un occhio giovane, edizioni risalenti ad appena 30 anni fa. Ed ecco poi che, quando si era forse giunti alle scosse di assestamento, il panorama viene stravolto nuovamente dall’eruzione vulcanica di Internet. Il fiore all’occhiello della terza rivoluzione industriale prende posto con irruenza ancora maggiore nella vita e nelle abitudini lavorative, personali e sociali (l’ordine non è casuale) degl’individui, quasi monopolizzando la scena ed inglobando in un ‘triangolo delle bermude’ multimediale tutti i media pre-esistenti, che si vedono costretti ad allearsi con il nuovo concorrente informatico e ad ibridarsi con esso per garantirsi un qualsivoglia margine di futura sopravvivenza. Internet predomina su tutto, si espande alla velocità del suono nei paesi che non soffrono del problema del digital divide, arrivando in molte nazioni europee a fornire l’accesso ai propri servizi a più di metà della popolazione. Inoltre, non bastassero gli infiniti vantaggi che il medium offre ai suoi utenti, le condizioni di mercato relativamente favorevoli su computer portatili e cellulari e la graduale espansione degli accessi Wi-Fi gratuiti, insieme alla concorrenza nelle offerte da parte degli operatori telefonici per l’allacciamento ad internet in mobilità, stanno velocizzando ulteriormente il processo di diffusione della rete all’interno di tutti gli strati sociali.

Qual è il risultato più immediato? Sempre più persone utilizzano internet per lavorare, informarsi, socializzare. Ma non solo: in continua espansione sono anche i siti ed i fornitori di tali servizi, informazioni e social network, tanto che negli ultimi anni è stata creata la locuzione ‘New Economy’, riferita a tutte quelle attività, imprese e investimenti basati sulle nuove tecnologie informatiche e telematiche gestibili via internet. E in effetti ritengo si possa dire che proprio il settore lavorativo ha costituito un traino importante per l’espansione della rete. Da quando infatti si è cominciato a sfruttare internet (e le intranet) nelle aziende, il lavoratore è stato costretto (come l’editoria poche righe sopra, nda) per ragioni pratiche e di tempistica ad imparare a utilizzare il computer per gestire molte dinamiche lavorative collegate con l’esterno. Una volta appreso l’utilizzo del web, munirsi di una connessione anche in ambito privato è un passo molto breve. Addirittura, molti impieghi legati alla comunicazione (giornalisti, ufficio stampa, organizzatori d’eventi) o ad ambiti economici (broker, consulenti aziendali, ecc.), richiedono una connessione internet sempre operante e una reperibilità pressoché illimitata, al fine di espletare la propria mansione il prima possibile proprio per rispondere alle funzioni e caratteristiche d’immediatezza di internet. Si parla, insomma, di una tecnologia ormai fortemente radicata nel mondo lavorativo e di conseguenza anche in quello privato, grazie anche all’esplosione del fenomeno dei Social Network, uno su tutti Facebook, che in pochissimi anni – circa un decennio – sono arrivati ad essere tra i siti più seguiti ed utilizzati del panorama web ed hanno costretto tutte le altre piattaforme a collegarvisi tramite link per aumentare o quantomeno conservare l’interesse (e il numero di visite) sui propri portali.

Un pianeta, una galassia, forse un intero universo nel quale perdersi e ritrovarsi di continuo, incontrare persone senza mai vederle dal vivo, approfittare di offerte strepitose senza muoversi dalla sedia, essere al cinema a casa propria e informarsi, informarsi, informarsi su tutto, forse anche su ciò che davvero esiste e possiede una corporeità da qualche parte là fuori.

Sono tantissimi naturalmente gli aspetti e le implicazioni su cui noi, ormai venti anni dopo le annotazioni del Professor Postman, potremmo riflettere o che potremmo approfondire. Sarebbe possibile fare un elenco delle supposizioni sulle quali aveva ragione o torto; si potrebbe completare la sua analisi citando il senso di alienazione sociale che questo modo di vivere include; ancora, si potrebbe invece discutere sul ritorno alla scrittura e alla lettura che i nuovi modi di informarsi e di socializzare comportano, magari citando a questo proposito le teorie del Professor Ong sulla supremazia della scrittura e della visualizzazione nel mondo moderno; tanti altri aspetti e sfaccettature sono estrapolabili da questo grande contenitore di media che è il medium stesso del computer connesso ad internet. Eppure c’è un’altra faccia del dado dalla quale voglio partire, forse per cercare di trovare la pagliuzza nell’occhio altrui (ed evitare così di asportare la trave dal mio).

Come ogni essere umano, anche a me è capitato e capita tuttora di ammalarmi o farmi male, magari partecipando ad un qualche sport di squadra. Il pensiero è sempre lo stesso: in preda al dolore, più o meno forte a seconda delle occasioni o del tipo di incidente, affiora il ricordo delle tante ore stupidamente trascorse ignorando il dono di un fisico sano ed in forze e, insieme ad esso, emerge il desiderio sopra ad ogni altra cosa di riottenere quello status di equilibrio psicofisico e quindi la richiesta di un qualche farmaco o soluzione alternativa che mi riporti immediatamente ad essere la persona di sempre. Non conto più ormai le parole spese in queste occasioni da mio padre, medico, nell’esortarmi ad attendere, nell’invitarmi a trovare un po’ di dignità, orgoglio - e decenza - personali da investire nella resistenza al mio malessere e a non fare stupidi pensieri di medicamenti magici inesistenti. Questo è solo un esempio, ma in quante altre situazioni ho pensato (e forse ancora spero) all’esistenza di un rimedio ISTANTANEO a qualche problema, una soluzione rapida ed indolore che possa cambiare lo status delle cose migliorandole in un battibaleno, come accadeva in uno di quei cartoni o film che guardavo sognante proprio mentre ero a letto con la febbre.

Inutile denotare che ovviamente la realtà è molto molto diversa. Chiunque può avere un colpo di fortuna, ma nel 90% dei casi nessun problema si risolve con una pillola o spingendo un pulsante; questo potrebbe dirlo anche un bambino di 10 anni che abbia dovuto studiare per una interrogazione anche solo una volta o che abbia dovuto fare allenamento per una qualche gara o partita importante. Eppure, alcuni problemi e questioni si possono effettivamente risolvere premendo un semplice pulsante, magari cinque o sei volte: quel pulsante è quello del mouse. Internet e tutto il sistema di commercio online, nonché i social network e lo streaming, l’e-mail e tutte le applicazioni che sono presenti sulla rete non permettono forse di comprare una maglietta e farsela spedire a casa, di organizzare una cena tra amici senza nemmeno doversi telefonare, di sentire o guardare programmi e film senza dover cercare il canale radio o alzarsi dalla sedia per andare al videonoleggio, o ancora di inviare documenti importanti senza dover leccare un francobollo e cercare una cassetta della posta? 

La verità è che questa nuova tecnologia sta spingendo proprio verso tale direzione; essa  riesce a ingenerare la sensazione di ottenere tutto in un secondo, illudendo le persone di poter risolvere non solo certi, ma potenzialmente tutti i problemi in pochi attimi. Questo meccanismo è subdolo e complicato da combattere, proprio perché il congegno connesso ad internet ormai è largamente diffuso e difficilmente placherà la sua corsa. L’ottenimento di certi beni materiali sarà sempre più facilitato ed immediato e si espanderà ad altre merci aumentando il raggio di portata di queste illusioni e degli effetti di esse sulle menti. Naturalmente si può dire che non siamo ‘nati ieri’ e che ci sono dei filtri mentali che permettono di scremare realtà fattuale ed impressione in maniera abbastanza netta. Tutto ciò è vero, ma bisogna considerare che molti di noi sono avvantaggiati: io sono nato nel 1985, in un momento storico dove i videogiochi avevano appena cominciato a fare la loro comparsa, il VHS non aveva ancora decisivamente preso il sopravvento come standard di riproduzione video ed in casa mia erano ancora presenti macchina da scrivere e lettore di dischi a 33 giri, oggi ormai cimelio di modernariato per collezionisti. Nella mia esperienza e memoria c’è un percorso di rapido sviluppo ed aggiornamento degli apparati tecnologici: l’avvento del walkman, la prima console per tv, i primi computer da casa (Commodore 64) con floppy disk da 5 pollici, i 386 con Basic DOS, i 486, le console di videogiochi tascabili, la tv con VHS integrato, il lettore CD portatile con antishock, Windows 95, le prime connessioni internet con Netscape navigator fino ai recentissimi (eppure già superati) DVD blu-ray ed i netbook. Un’escalation tecnologica che ha mano a mano condizionato e cambiato il mio modo di vivere, giocare, relazionarmi con il mondo e con gli altri, ma pur sempre gradualmente e per tappe. Ho avuto modo sicuramente di apprezzare le comodità ed i vantaggi di questa progressiva parata di comodità e immediatezze, ma ho pur sempre dovuto metterle in relazione con gli strumenti ed i percorsi di partenza, quelli cioè già presenti nel periodo relativo alla mia più tenera età. E tuttavia, sono rimasto condizionato da questa idea del ‘Deus Ex Machina’ che probabilmente mi è stata inculcata in prevalenza dal medium televisivo e dai programmi trasmessi attraverso esso più che da effettive possibilità di uso e consumo immediati, che solo negli ultimi dieci anni hanno cominciato a diventare realtà effettivamente presenti e funzionanti in Italia. Ogni giorno in qualche piega del mio subconscio devo ancora combattere per convincermi pienamente che il futuro ce lo si costruisce da soli, lavorando e faticando ogni giorno per ottenere almeno in parte ciò che si desidera e non ci sono scorciatoie di sorta, a meno di avere una qualche fortunata occasione durante il viaggio. Il nocciolo della questione è: se persone come me e come tanti miei conoscenti, più o meno coetanei, fanno fatica a distaccarsi da questa logica del ‘tutto subito’, nonostante siano cresciute partendo da una situazione molto meno evoluta e in gran parte ‘analogica’, a quale profondità ne saranno condizionate le persone più giovani (i cosiddetti Nativi Digitali) che sono nate e nascono ad escalation avvenuta, con tutte queste possibilità già presenti ed utilizzabili ed in ulteriore via di sviluppo? Quali ripercussioni avrà questa dinamica di fruizione passiva della velocità sulla loro forza di volontà e sulle capacità di farsi posto nel mondo? Si può ipotizzare che le reazioni varieranno per tipologia di persona: chi è di indole aggressiva, sarà portato ad esserlo forse ancora di più (proprio per ottenere il prima possibile ciò che vuole) e chi viceversa è di indole più mite sarà forse portato ad essere più attendista e rinunciatario (proprio perché se le cose sono difficili da ottenere, è più semplice aspettare che arrivino da sole o rinunciarci). Ma in questa sede non è interessante compiere un’analisi psicologica comportamentale. Quel che conta è che, in entrambi i casi, si rischierà di perdere di vista l’aspetto più importante nell’ottenimento di un qualsivoglia oggetto del desiderio: il percorso.

Facciamo un esempio, spostando l’occhio di bue sul mondo dell’informazione giornalistica. Da qualche anno ormai, si è avuto modo di notare e denunciare il fenomeno dell’overload informativo, vale a dire la presenza di una certa ridondanza nella comunicazione che porta a generare confusione; una quantità di news di vario tipo che è inversamente proporzionale all’approfondimento che le caratterizza. Si è compreso che questo meccanismo di ricambio continuo di notizie, la cui importanza è attribuita dai valori notizia assegnati dagli stessi organi di stampa, crea nei lettori un desiderio di tenersi costantemente aggiornati su nuovi fatti e nuove situazioni che si vengono a creare, ma porta anche ad una diminuzione nella comprensione del valore degli accadimenti e dei loro significati. Sappiamo – ce lo dice la Storia - che il modo di informarsi e di scambiarsi opinioni ha la possibilità di influire sulla forma mentis di tutti i singoli individui e delle comunità in cui vivono, generando addirittura moti rivoluzionari, correnti filosofiche e dottrine religiose. Ora tutti i fatti del nostro mondo sembrano compressi in una pagina web caricata su un computer che cambia layout sei o sette volte al giorno. Non vi è più una reale comprensione della gravità degli accadimenti, né il tempo per capirne le conseguenze implicite. Chi ricorda le notizie considerate da prima pagina anche solo sei mesi fa? E’ questa elaborazione, il percorso, ciò che viene meno nella qualità dell’informazione e conseguentemente nel pensiero di chi si informa. Tutto nuovo, tutto subito.

Insomma, poiché “il medium è il messaggio” e il messaggio influisce sul pensiero, abituate ad ottenere ciò che desiderano in maniera veloce e spesso completa, quando si ritroveranno ad affrontare complicazioni inaspettate e situazioni più intricate le nuove generazioni saranno probabilmente portate a chiedere aiuto o a desistere lasciando ad altri o alla stessa tecnologia le sorti di alcune loro decisioni. Si tenderà, come già spesso per la verità accade, a contare solo ed esclusivamente sulle soluzioni e le conoscenze reperibili in Rete, evitando quasi del tutto di applicarsi di persona nella ricerca di espedienti in grado di risolvere gl’imprevisti. L’effetto sarà simile a quello che ha portato l’uso quotidiano della calcolatrice (chi tra gli under 30 riesce a fare le quattro operazioni su un foglio con naturalezza e scioltezza, senza violentare la propria memoria, non essendo più abituato a fare i calcoli senza l’utilizzo del computer o del cellulare?) o l’utilizzo perenne della tastiera da computer per scrivere (molte persone fanno fatica a riprendere l’abitudine della scrittura a mano per produrre documenti o note di una certa lunghezza). L’ingegno umano pratico rischia di arrugginirsi parzialmente, di diventare schiavo del suggerimento da forum e fare la fine di quei detti popolari intrisi di esperienza e veridicità che sempre meno vengono citati, e di conseguenza seguiti, nel mondo moderno. In parte è già così; il congegno connesso ad internet, del resto, ha una peculiare caratteristica: può non essere necessario conoscere come è fatta la macchina per farla funzionare, ma potrebbe essere necessario fare funzionare la macchina per conoscere come è fatta.

Si tratta certamente di una visione molto negativa, forse esageratamente pessimista, degli anni a venire, ma rimane una prospettiva possibile e non auspicabile; del resto, è lo stesso Postman ad avvertirci su come “Il cammino di tutti coloro che presumono di discernere chiaramente la direzione in cui ci porterà una nuova tecnologia è cosparso di conseguenze impreviste”, apportando poi l’esempio del cattolicissimo Gutenberg che con la sua decisiva invenzione mai avrebbe pensato di divenire coadiuvante involontario dell’ascesa del Protestantesimo.

Vorrei porre un’ultima riflessione prima di concludere. Se si volesse paragonare lo studio delle conseguenze dei media sui comportamenti umani al mito della caverna di Platone, si potrebbe forse affermare che le osservazioni fatte sui media radiofonico e televisivo verso la fine del millennio potessero corrispondere al momento nel quale l’uomo, liberatosi, sta per uscire dalla caverna e deve abituare i propri occhi alla fortissima luce. Egli ha già capito che le ombre sono proiezioni immaginarie ed ha superato il momento della fede, per passare a scorgere finalmente alcune figure reali nel riflesso dell’acqua. Al comparire e diffondersi però del medium connesso ad internet e della conseguente convergenza multimediale, gli studi hanno subito quasi un inevitabile reset ed il percorso all’interno della caverna si è di molto allungato. La continua ed inarrestabile progressione tecnologica, che apporta sofisticazioni e novità sui media stessi a cadenza mensile, rende quasi impossibile compiere un’analisi approfondita come quella che gli studiosi erano riusciti ad operare, ad esempio, sulla televisione. Nel frattempo, le generazioni di studiosi passano lentamente il testimone a quelle successive, le quali sono sempre più prossime alla situazione ambientale nella quale sono cresciuti i Nativi digitali. Inevitabilmente, un giorno, arriverà per gli stessi Nativi digitali il turno di fare le proprie osservazioni. Se le riflessioni fatte in precedenza trovassero riscontro e le nuove menti fossero effettivamente condizionate in maniera così forte dalla mancata esperienza effettiva del percorso di digitalizzazione, come potrebbero essi riuscire a produrre analisi sufficientemente approfondite e in grado di mettere in guardia i futuri utenti mediatici in maniera esauriente, come il Professor Postman è stato invece in grado di fare?