giovedì 17 giugno 2010

Il pattern "Effe" nella lettura delle pagine web




Ecco a voi la famosa immagine ricavata dallo studio sull'EYE TRACKING dei ricercatori Jakob Nielsen e Kara Pernice...

ma occhio all'inglese  ;-)

martedì 15 giugno 2010

Che cos'è Intranet?
Essa è una rete aziendale contenente informazioni che riguardano i soli professionisti performanti all'interno dell'azienda stessa... non sono pubblicamente accessibili.

Intranet è la cassetta degli attrezzi ideale per chi lavora in una realtà privata o nel pubblico, ma raramente viene sfruttata come si potrebbe. Spesso essa è stata male impiegata perchè è stato necessario porsi su internet, che in quanto mondo aperto porta consenso istituzionale e pubblico.

In base all'organizzazione che la utilizza, si suddivide in due principali tipologie:

Le Intranet Istituzionali sono essenzialmente rivolte alle attività di supporto della catena del valore (comunicazione interna, gestione delle risorse umane, amministrazione e controllo, gestione delle facilities, ecc). Costituiscono in genere un canale di comunicazione prevalentemente "unidirezionale" (dall'impresa al personale) che pubblica on-line informazioni di utilità generale (rassegna stampa, bollettini, notizie sulla vita aziendale, rubrica dei dipendenti, informazioni sui prodotti, ecc). In alcuni casi offrono anche servizi che automatizzano e semplificano, in una logica self-service, alcune specifiche attività: modulistica, prenotazione sale riunioni, Help Desk, sportello biblioteca, e-Learning, ecc.
Le Intranet Istituzionali possono avere un duplice obiettivo: da una parte aumentare il senso di appartenenza dei dipendenti all'azienda e sviluppare una visione e una cultura aziendale comune, dall'altra semplificare e ridurre i costi di alcune procedure rivolte al personale.

La seconda tipologia risponde al nome di Intranet Operative; esse nascono per supportare le attività primarie della catena del valore (operation, sales, marketing, ecc.). Hanno, in genere, ambiti di azione più circoscritti rispetto agli altri modelli di Intranet, essendo rivolte tipicamente solo a quelle persone con specifici ruoli e compiti nei processi supportati.
Gli obiettivi che si prefiggono sono strettamente connessi agli specifici processi: possono essere obiettivi di efficienza, legati all'automazione di alcune attività, oppure obiettivi di efficacia, legati all'aumento della qualità di un processo (ad esempio, nel caso di un'applicazione di Customer Relationship Management, migliore servizio al cliente grazie alla più ampia base informativa disponibile al personale commerciale).

Esisterebbe poi un terzo tipo di Intranet aziendale: l'intranet di Knowledge Management.
Queste sono finalizzate a favorire l'accumulo, l'archiviazione e la condivisione della conoscenza in un'impresa. Si tratta di applicazioni che spesso hanno una valenza trasversale rispetto ai processi, anche se in alcuni casi possono essere maggiormente focalizzate su specifici ambiti aziendali (ad esempio, la ricerca e sviluppo o la funzione commerciale). A questo fine mettono a disposizione del personale dell'impresa funzionalità di supporto alla gestione dei documenti (archiviazione, indicizzazione, correlazione, versioning, ricerca) e, a volte, strumenti di community sia sincroni (chat, instant messaging, ecc.) che asincroni (forum, mailing list, ecc.).


Oggi la gestione delle intranet nelle attività pubbliche è quasi sempre demandata agl’informatici. Non viene continuativamente aggiornato... in pochissimi casi c’è una redazione apposita che si occupi sempre di aggiornare i contenuti. Ciò è uno spreco di risorse per due motivi principali:

  1. La comunicazione interna è fondamentale; essa permette di ottimizzare tempi, risorse, sforzi e migliora l'efficienza dell'intera azienda partecipante. La gestione della conoscenza è uno dei valori principali di un'azienda, non per questioni di controllo, ma per ottenere l'armonizzazione delle proprie strutture interne verso l’obbiettivo.


  2. Una buona intranet da la possibilità di fare una buona internet. Non esiste una comunicazione verso l’esterno se non c’è comunicazione interna.  
Pur essendo intranet un mondo dove centinaia di migliaia di persone lavorano ogni giorno, è sempre abbastanza abbandonata a se stessa. Perchè? Cosa manca in intranet? Manca la diretta, manca la realtà del momento. E' una situazione statica. 

Molte aziende hanno però altri organi di comunicazione: oltre ad house organ e newsletters, ci sono anche radio o webtv aziendali o societarie... mediano tra l’intranet e l’internet dell’azienda. Più è grande una realtà più grande è l’investimento nella comunicazione (perchè è difficile raggiungere realtà lontane).

Comunicazione Politica...

ASSENTE: ringrazio tutti coloro che hanno postato nel proprio blog in merito a questa lezione, permettendomi di assimilarne comunque i contenuti fondamentali.

lunedì 14 giugno 2010

Comunicazione istituzionale (a ritmo sincopato)

Un comunicatore deve raggiungere il proprio obbiettivo: arrivare con un messaggio! Ci sono diverse strategie per arrivarci...

COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE:

è tutto quell'apparato di informazioni, identificanti l’immagine e le attività di un'istituzione, non strettamente legate ad un risultato economico, ma che danno un valore o sociale o di trasparenza o aumentano la qualità percepità di un’attività commerciale. Va rapportata alla comunicazione di prodotto, che non deve essere esclusivamente privata, ma può essere anche pubblica.

Com. Istituz e comunicazione di prodotto vengono spesso confuse, perchè ci sono problemi di professionalità ed etica, in particolare nel nostro paese.

Qual’è il vero distinguo? Trasparenza e correttezza, io devo poter leggere in trasparenza come viene effettuata la comunicazione istituzionale. Il web primeggia in questo, in quanto c’è una tracciabilità molto spiccata tramite il mezzo web! -MATCHARE-

Un altro mezzo di comunicazione (carta, tv, radio) ti permette cmq un percorso di tracciabilità, però al di là del fattore tempo, c’è il problema di mettersi in contatto. Se invece Internet è gestito correttamente ed è quindi permessa l’interattività con il consumatore o cmq il fruitore della comunicazione, la facilità triplica!

Altre forme di comunicazione istituzionale sono: comunicati stampa fisici, pubblicità istituzionale.

Fare i comunicatori significa avere una committenza pubblica o privata, che permetta di conseguire un risultato che non deve essere negativo per il committente (esempio del bilancio in cui si esaltano le parti positive del bilancio, celando il più possibile quelle negative). La comunicazione istituzionale ha delle regole ferree che però è difficile applicare in toto. Per questo spesso viene a confondere certe caratteristiche con gli altri tipi di comunicazione.

Sul web c’è un feedback immediato se lo scopo è stato raggiunto, mentre nelle comunicazioni istituzionali fatte tramite altri mezzi la risposta è ovviamente più lenta.
 
Com. Privata istituzionale: cerca sempre di mantenere alti i valori del brand (in fin dei conti per venderlo) e per questo ha dei tratti in comune con la comunicazione di prodotto.

Com. Pubblica istituzionale: le cose si complicano.
Deve essere trasparente, esaustiva, ha l’obbligo di essere interattiva (ma spesso non lo è), dovrebbe essere comprensibile a tutti, aperta e tracciabile!


Tre formule di risposta da parte delle istituzioni se chiedi informazioni: risposta automatica (che non ti risponde), risposta preindirizzata (scrivi qui per questo, la per questo), risposta effettiva con contatto diretto (e FORSE le soluzioni che cerchi).

domenica 13 giugno 2010

Cenni sul Copyleft. (No, non ho confuso le direzioni...)


Informazioni liberamente tratte e riscritte, in sintonia col Copyleft :-), da Wikipedia, l'enciclopedia libera

 



L'espressione Copyleft nasce per contrasto con il celeberrimo termine copyright: il gioco di parole sta nello scambio tra i termini "right" (destra) e "left" (sinistra), perfetta sintesi etimologica dell'effettiva somiglianza e differenza tra i due concetti.
Individuato simbolicamente con una "C" cerchiata rovesciata -esatto contrario del simbolo del Copyright- esso rappresenta un'alternativa di modello di gestione dei diritti d'autore. Si basa su un sistema di licenze attraverso le quali l'autore permette ad altri fruitori di utilizzare, diffondere ed eventualmente modificare liberamente la propria opera a patto di rispettare di alcune condizioni essenziali. Nella sua versione pura e originaria (cioè quella riferita all'ambito informatico), la condizione principale obbliga i fruitori dell'opera, nel caso vogliano distribuire l'opera modificata, a farlo sotto lo stesso regime giuridico (e generalmente sotto la stessa licenza). In questo modo, il regime di copyleft e tutto l'insieme di libertà da esso derivanti sono sempre garantiti.

sfrutta i principi di base del diritto d'autore non per controllare la circolazione dell'opera bensì per stabilire un modello virtuoso di circolazione dell'opera, che si contrappone al modello detto proprietario. In questo senso, dunque, è corretto dire che il copyleft esiste proprio grazie al diritto d'autore.

Una licenza basata sui principi del copyleft, tipicamente, garantisce a chiunque possegga una copia di un lavoro le stesse libertà del suo autore, incluse quattro libertà basilari:


1.la libertà di usare a propria discrezione e di studiare quanto ottenuto

2.la libertà di copiare e condividere con altri

3.la libertà di modificare

4.la libertà di ridistribuire i cambiamenti e i lavori derivati

Per contro, queste licenze copyleft, per avere qualche tipo di efficacia, hanno bisogno di usare in modo creativo le regole e le leggi che disciplinano le proprietà intellettuali; per esempio quando si tratta della legge sul copyright (che è il caso principale) tutte le persone che in qualche modo hanno contribuito al lavoro protetto dal copyleft devono divenire co-detentori del copyright di quel lavoro ed allo stesso tempo rinunciare ad alcuni dei diritti garantiti dal copyright, per esempio rinunciare al diritto di essere l'unico distributore delle copie di tale lavoro.

La filosofia dell'Open Source

La Cattedrale e il Bazaar

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.



La Cattedrale e il Bazaar è un saggio sullo sviluppo del software scritto da Eric S. Raymond. Esso descrive un nuovo modello di sviluppo, il cui esempio più famoso ed efficace è la modalità di costruzione del Kernel Linux. L'autore per verificare le proprie ipotesi decide di utilizzare lo sviluppo collaborativo per il programma fetchmail e nel saggio viene descritta la genesi e lo sviluppo del progetto analizzando le interazioni con gli altri sviluppatori e i vantaggi rispetto al modello classico. La prima presentazione del saggio si è avuta durante un congresso su Linux il 27 maggio 1997 e in seguito il saggio è stato pubblicato come parte dell'omonimo libro. Questo saggio viene usualmente considerato il manifesto del movimento open source.



Il saggio descrive in sostanza due contrapposte modalità di sviluppo del software libero:



  • Nel modello a Cattedrale il programma viene realizzato da un numero limitato di "esperti" che provvedono a scrivere il codice in quasi totale isolamento. Il progetto ha una suddivisione gerarchica molto stretta e ogni sviluppatore si preoccupa della sua piccola parte di codice. Le revisioni si susseguono con relativa lentezza e gli sviluppatori cercano di rilasciare programmi il più possibile completi e senza bug. Il programma Emacs, il GCC e molti altri programmi si basano su questo modello di sviluppo.


  • Nel modello a Bazaar il codice sorgente della revisione in sviluppo è disponibile liberamente, gli utenti possono interagire con gli sviluppatori e se ne hanno le capacità possono modificare e integrare il codice. Lo sviluppo è decentralizzato e non esiste una rigida suddivisione dei compiti, un programmatore di buona volontà può modificare e integrare qualsiasi parte del codice. In sostanza lo sviluppo è molto più anarchico e libero, da qui il nome di modello a Bazaar. Il Kernel Linux e molti programmi utilizzano questo nuovo modello di sviluppo associativo.

La tesi centrale di Raymond è che "Dato un numero sufficiente di occhi, tutti i bug vengono a galla". Questa affermazione (che Raymond chiama "Legge di Linus") costituisce, a suo parere, il motivo centrale del successo del progetto del Kernel Linux. Prima dell'avvento di Linux si riteneva che ogni progetto di una certa complessità avesse bisogno di essere adeguatamente gestito e coordinato: in caso contrario il progetto sarebbe collassato sotto il peso di moltissime revisioni e modifiche, prodotte da più persone e quindi spesso incompatibili. Il progetto Linux riuscì a dimostrare che non solo questo non accadeva, ma che al contrario al crescere del numero di sviluppatori anche la qualità e l'affidabilità del software migliorava.



Il modello a Cattedrale è un modello tipico delle aziende commerciali. Queste normalmente non rilasciano il codice sorgente, e una nuova revisione del programma può richiedere anni; viceversa, il modello a Bazaar è un modello che si è molto diffuso nell'ambiente del software libero, poiché consente ad ogni utente di ricoprire il ruolo di beta tester dei programmi. Lo stesso utente può perfino modificare il programma, se lo desidera: questo consente un rapporto stretto tra utilizzatori e programmatori, un rapporto paritario che ben si adatta alla filosofia del software libero. Consente inoltre un attento controllo del codice, aiutando ad eliminare rapidamente la maggior parte dei bug; questione invece complessa per un software prodotto con la modalità a Cattedrale, dove solo un numero limitato di persone lavora sul codice.


La modalità a cattedrale è la stessa metodologia di sviluppo che viene utilizzata dagli editori di enciclopedie commerciali: un numero limitato di esperti si preoccupa di compilare tutte le voci. La modalità a bazaar invece è quella utilizzata da Wikipedia: ogni lettore, se lo desidera, può integrare e migliorare i contenuti e la verifica delle modifiche apportate al testo è gestita dagli stessi utenti.

venerdì 11 giugno 2010

Internet: tra etica della gratuità e necessario (+ o -) ritorno economico...




Internet dovrebbe essere gratuito per definizione, in quanto rete creata per facilitare le comunicazioni di tutti. Sono sempre di più le realtà costituzionali che cercano di intavolare una discussione sul considerare il collegamento ad Internet tra i diritti dell'uomo (non ultima, la Svezia).
In maniera direttamente proporzionale sta però prendendo piede il dibattito sui contenuti editoriali a pagamento. Da un paio di anni se ne parla, anche per la coincidenza della crisi economica. C’è stato un aumento dei debiti e dei bilanci negativi, che hanno portato gli editori a pensare di correre ai ripari. Per il momento ci sono solo alcune situazioni di grandi giornali che hanno deciso di offfrire parte dei propri contenuti a pagamento (VAS, servizi di valore aggiunto).
Il fatto è che i primi a "sbagliare" sono stati proprio gli editori, che sono stati molto generosi nell'offerta di contenuti gratuiti sin dall’inizio, presi dalla corsa concorrenziale a fornire accessi, applicazioni e servizi. L'attuale situazione, che potremo definire di imbarazzo, è dunque diretto frutto della poca lungimiranza sul (e di una cattiva percezione del) fenomeno di crescita degli utenti.


In realtà, il mercato in questo momento lo fanno i produttori delle macchine, non i produttori di contenuti. L'azienda Apple, ad esempio, imposta i costi per il download delle applicazioni di terzi. L’editoria analogamente si trova costretta a sottostare alle leggi di un mercato che penalizza ciò che è fisico, cartaceo e tattile di fronte alla gratuità degl’impalpabili, ma assimilabilissimi, contenuti web.


Per il momento pare che l'unica soluzione a cui si approderà sia il progressivo inserimento di contenuti informativi via web a pagamento, per imporre un freno al mercato gratuito. Un esempio ne è, "come sempre" verrebbe da dire, Repubblica.it, la quale ha elaborato un'apposita applicazione per utenti Ipod Touch, Iphone ed Ipad nella quale vengono visualizzati i titoli ed essenziali sunti dei contenuti di una news, insieme all'incipit dell'articolo stesso (puntando forse sulle caratteristiche dei pezzi giornalistici, che sappiamo essere scritti appositamente con LEAD intriganti per catturare l'occhio del lettore ed ottenerne l'attenzione).


Bisogna però dire che dietro alla gratuità risiede anche un problema di etica professionale, in quanto chi produce contenuti che non gli porteranno frutto economico sarà naturalmente portato a ridurre il proprio impegno. C’è quindi un problema etico. Inoltre. dal punto di vista editoriale è un suicidio far lavorare persone in maniera gratuita.



Questo dialogo Pagamento-Gratuità, che come in un tragico conflitto di valori di scheleriana memoria sembra portare sia in un senso, sia nell'altro ad una soluzione di difficile sopportazione da parte rispettivamente degli utenti e dei fruitori, continua incessante e sta facendo riflettere intere branche dell'economia. Ed i prossimi passi saranno fondamentali, per il semplice fatto che qualsiasi siano le decisioni prese, soprattutto in caso di accorgimenti legali, costituiranno precedenti dei quali volenti o nolenti tutte le istituzioni dovranno tenere conto nel loro futuro...

giovedì 10 giugno 2010

Repubblica: approfondimento storico.

Nella sconsolante impossibilità (almeno da parte mia) di inserire il lettore multimediale direttamente nel post, mi vedo costretto a pubblicare il singolo link:





'La Storia Siamo Noi' è un programma di approfondimento e di inchiesta conoscitiva a stampo storico che fornisce ricostruzioni di vicende, crimini, fatti o casi politici che abbiano avuto una rilevanza storica di un certo spessore. Il direttore, Giovanni Minoli, è un esperto nel confezionamento di programmi televisivi di servizio pubblico.